33 anni, Tarantino, Commediante, Attore, Regista, Drammaturgo, Scrittore, Docente. Ha studiato ,tra gli altri, con Carlo Boso, Claudio De Maglio, Bruce Myers, Tullio Solenghi, Jean Paul Denizon, Fioretta Mari, Gennadi Bogdanov, Edda Dell'Orso, Pierre Byland, Cathy Marchand, Claudia Contin. Ha lavorato con Giovanni Pampiglione, Andrea Tidona, Carla Cassola, Carlo Del Giudice, Mauro Bronchi, Gianni Leonetti. Ottiene ,in entrambi i casi , con 110 e lode la laurea triennale in Arti e Scienze dello Spettacolo e la laurea Specialistica in Saperi e Tecniche dello Spettacolo presso l'Università "La Sapienza" di Roma. Si diploma al Centro Teatro Ateneo diretto da Ferruccio Marotti in "Commedia d'improvviso". Con lo spettacolo “Il Finto Marito” di Flaminio Scala, vince premi al Festival di Varsavia nel 2005 e al Roma Teatro Festival del 2007, e va in Tournèe nel 2006 in Sudamerica. Vince il premio come miglior attore al “Proskenion Stage” del 2003 a Taranto e con il corto "Melanzane al cioccolato" vince il Festival di Los Angeles nel 2004. È tra i fondatori della Compagnia Balagàn di Roma con la quale porta allestimenti in Italia e in Europa a Malta, Germania e in Polonia. E' pedagogo e formatore presso scuole e laboratori e ricercatore attraverso pubblicazioni come il Saggio “Il Servo Serve” nel libro “Il Tallone di Minerva”, curato da Simone Moglioni ed edito da Edizioni Romane Universitarie, Roma, 2008. Diffonde in Italia la maschera sconosciuta di PEDROLINO dandone il primo contributo nella storia della letteratura teatrale con lo spettacolo “Le fatiche di Pedrolino”, e la sua tesi di laurea specialistica “Pedrolino, i misteri di una maschera”. Lavora nel cinema con Simona Izzo e Luca Zingaretti. Chi è?
Gabriele Guarino. E noi, abbiamo avuto l'onore di intervistarlo.
Così giovane ma, così talentuoso e con un Curriculum di tutto rispetto.
A chi/cosa devi l'inizio della tua carriera, della tua curiosità rispetto alla
natura umana?
Eh, vacci piano coi complimenti! Non mi sono mai
ritenuto un talentuoso, avrei sfondato molti anni fa, o sarei stato notato,
perché credo ancora che in questo Paese, nonostante i clientelismi, i nepotismi,
la cialtroneria, le approssimazioni e le raccomandazioni, il vero talento, se
brilla non passa inosservato. No, mi ritengo invece, e con orgoglio, un
instancabile e determinatissimo lavoratore del teatro, continuamente assetato
di apprendere e curioso di vedere come funziona…tutto! La mia carriera è iniziata
per questa voglia di darmi e dare che non mi ha mai abbandonato, l’eccitazione
di poter offrire affidabilità, che su di me si potesse sempre contare. Poi
certamente c’è sempre stata quell’indescrivibile ebbrezza di far finta di
essere qualcuno o qualcos’altro, che mi ha contraddistinto sin dai miei primi
travestimenti da Batman e da Superman, quando da piccolo chiedevo continuamente
alla mia adorata nonnina di cucirmi i costumi mentre io, già allora, mi
dedicavo alle maschere. Avevo 5 anni. Alle elementari la maestra si lamentava
con i miei a causa del mio chiedere sempre “perché?” e nella sua buonafede e
lungimiranza pedagogica diceva loro: “troppe risposte date a ‘sto bambino!” Aveva ragione. Le risposte non mi hanno mai interessato quanto le domande.
Qualche giorno fa eri in scena all'Auditorium Tarentum con il "Don
Giovanni", com'è andata? Raccontaci un aneddoto di quell'esperienza.
È stata un’esperienza sorprendente. E non perché
sottovalutassi il mio lavoro o quello dei miei ragazzi della nostra compagnia
(La Bottega dei Comici), ma perché dopo anni di gavetta sei amaramente
rassegnato alla stagnazione in quel limbo di credibilità, talvolta
ingiustificata, in cui vagano migliaia di compagnie autoprodotte, che, pur se
protagoniste di lavori eccellenti, non possono ambire a confezionare prodotti
di un certo livello, per ovvi limiti di investimento. La soddisfazione più
grande è stata proprio leggere lo stupore negli occhi del pubblico, sentire la
gente che diceva “non ho mai visto niente del genere, non me l’aspettavo!” E
per chi come me ritiene di non aver fatto niente di speciale, me la dice lunga
su quello che il pubblico è abituato a vedere oggi a teatro. Un’altra grande
soddisfazione è stata quando qualcuno ha iniziato a confessarmi di essersi identificato
non tanto in quel personaggio in particolare, ma in quella dinamica, relazione,
riflessione sull’amore che portavamo in scena con questo spettacolo! La
bellezza di notare come alcune chiavi per decodificare lo spettacolo siano
state trovate, altre no, altre siano state addirittura inventate dal pubblico,
come dare un significato al fatto che fossimo tutti giovani a parlare d’amore,
mettendolo in scena con un ampio utilizzo del corpo! Non ci avevo pensato!
Vedi? Una regìa non finisce il giorno della generale, continua col pubblico!
Aneddoti ce ne possono essere centinaia, un episodio curioso
è stato quando durante una delle repliche, all’inizio del secondo atto, io (Don
Giovanni) venivo picchiato dai due boia in mezzo al pubblico. Una spettatrice delle
prime file, non avendo capito che lo spettacolo era iniziato, mi vede
all’improvviso, scaraventato per terra nel corridoio vicino alla sua poltrona
(arrivavo alle sue spalle, entrando dall’ingresso principale della platea in fondo)
e pensa che io sia caduto: prova ad aiutarmi a rialzarmi, ma arriva subito
Cristian (uno dei due boia) che mi sferra una frustata sulla schiena, e di
colpo, spaventata, ritorna a sedere sulla sua poltrona zitta, buona e
impietrita!
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Una scena di “Don Giovanni e le maschere dell’Amore”
Auditorium Tarentum di Taranto 7 Novembre 2014
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Hai studiato tra gli altri con Carlo Boso, Tullio Solenghi, Jean Paul
Denizon, Claudio De Maglio, Bruce Myers, Fioretta Mari, Gennadi Bogdanov, Cathy
Marchand.. chi di loro ti ha insegnato trasmesso qualcosa di veramente
"unico" e molto "utile" per il lavoro che fai?
Direi tutti, ovvio! Carlo è stato il primo a mostrarmi senza
reticenze il grande lavoro che si nasconde dietro alla Commedia dell’Arte;
Tullio mi insegnò i tempi comici e in generale quanto fosse importante
divertirsi in questo mestiere; Jean-Paul è un mostro di pedagogia, senza di lui
sarei rimasto imbottigliato nel meccanicismo dello stile delle maschere, invece
lui mi ha salvato, “svegliandomi” alla recitazione naturalistica, o meglio,
naturale; una sua frase me la porto sempre come motto personale: “per un attore
la prima soluzione trovata quasi mai è quella giusta! (detta con accento
francese)”; Gennadi mi ha incoraggiato sulla serietà dell’addestramento e
portato fino ai limiti più estremi della mia resistenza fisica; Cathy, la dolce
dea della follia degli istinti, mi ha fatto scoprire le forze oscure delle mie
viscere e mi ha insegnato ad accoglierle e non temerle, fondamentale per me
prima di incontrare le maschere della Commedia dell’Arte; due nomi però su
tutti meritano uno spazio a parte: il primo non l’hai citato ma è Alfredo
Traversa, il mio primo maestro, colui che mi gettò sul palco, o meglio, in
mezzo alle pietre e ai tufi delle Cave di Fantiano di Grottaglie (TA), fu quel
simposio di rocce e ulivi il mio primo palcoscenico! Alfredo consegnò alla mia
mente allora ancora giovane e acerba un’idea per me rivoluzionaria, e cioè che
il teatro di per sé non esiste, esistono solo uomini e donne che stanno insieme.
Allora non capivo, oggi sì. La seconda citazione riguarda il mio amico e
maestro Claudio De Maglio, direttore dell’Accademia Nico Pepe di Udine. Fu lui
che mi accompagnò nella sintesi finale dell’addestramento in Commedia
dell’Arte, ma fu molto più che il mio Maestro di teatro per me: è un amico, un
esempio da seguire. Claudio mi ha rivelato non tanto le strade che si nascondono
dietro il teatro e il lavoro con la maschera, ma più che altro mi ha insegnato
come star attento a individuarne sempre di nuove, perché il teatro non si fermi
mai a quello che è, o appare, ma contenga al suo interno una bestia mai doma,
mai paga, un “dietro le quinte” mai finito o inscatolato, ma sempre con il
cartello “lavori in corso”, come un appartamento in perenne
espansione…costruisci un muro, poi trovi un passaggio segreto, allora modifica
se puoi, sennò abbatti, esplora e forse ricostruisci, e così via, all’infinito!
E queste non sono cose che “si pagano”, puoi solo ringraziare e bere più che
puoi a queste fonti!
Si tende a pensare alla Commedia dell'Arte come qualcosa di
assolutamente "grottesco" che con l'impostazione vocale e i movimenti
decisi ed esagerati dei personaggi sfocia nel "non naturale". Sei
d'accordo?
Eh sì! Bello, no? Bella la sfida di far sembrare verosimile
e assolutamente credibile qualcosa di incontestabilmente finto, esagerato,
artefatto, no? Il Teatro non nasce per ripetere la vita, ma per indagare la
vita, e talvolta, come una lente di ingrandimento o uno specchio deformante è
più facile vedere qualcosa nei dettagli se la esageri. È questo credo il vero
segreto della Commedia, fare verità esagerando i dettagli, le reazioni, gli
istinti! Tant’è vero che all’estero la capiscono benissimo, attraverso queste
finte esagerazioni del corpo. In Italia, uff, si lamentano… “ma non ho capito
tutte le parole! Pedrolino perdona loro perché non sanno quello che
hanno!....la Creatività!
Sei stato il primo a far conoscere ed approfondire in Italia la
maschera di "Pedrolino" e il primo a darne un contributo nella letteratura
della Commedia Dell'Arte con la Tesi di Laurea Specialistica "Pedrolino -
I misteri di una maschera" e con lo spettacolo scritto con e diretto da
Claudio De Maglio “Le fatiche di Pedrolino”. Cosa ti lega a questa maschera e
perchè la scelta è ricaduta su essa potendo scegliere tra Arlecchino,
Pantalone, Il Capitano e molte altre?
È una domanda che mi viene fatta spesso e io rispondo come
sempre: Pedrolino è capitato per caso, si doveva mostrare una scena dello
spettacolo a dei maestri ma l’attore che faceva Pedrolino era assente e quindi
io, conoscendo a memoria anche le parti degli altri, per mostrar loro la scena,
mi improvvisai Pedrolino e quella mattina lo feci al suo posto. Da lì è
iniziato un lungo viaggio di esplorazione e conoscenza, sotto lo sguardo
attento di Claudio, culminato con il passaggio rituale della maschera fino a
quando decisi di dedicare a Pedrolino non solo la tesi, ma anche lo spettacolo
“Le fatiche di Pedrolino-precario a tempo determinato”, un monologo in cui
abbiamo attraversato tutte le possibilità allora conosciute della maschera,
archetipo dell’instancabile lavoratore eternamente precario! E con queste
ultime quattro parole ho risposto anche alla domanda: cosa mi lega a
Pedrolino.
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Una scena di “Le fatiche di Pedrolino – precario a
Tempo determinato”
Teatro Turoldo di Taranto Ottobre 2011
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Oltre ad Attore specialista in Commedia Dell'Arte sei anche
"Docente" in diverse strutture. Qual è il tuo rapporto con gli
studenti? Quanto credi che lo studio sia importante per un attore?
Attualmente lavoro alla Scharoff e ad Artès, la scuola di
Enrico Brignano a Pomezia, oltre che all’Istituto Musicale “Paisiello” di
Taranto. Ci tengo a dirlo, se lo meritano, perché sono strutture gestite da persone
serie e rispettose del mio lavoro. Venendo alla mia esperienza di docente, proprio negli ultimi
due anni sto osservando come stia cambiando il mio modo di vivere
l’insegnamento. Quando iniziai ero pervaso dall’ansia di dimostrare di essere
all’altezza, ma anche dalla legittima insicurezza di quali strumenti passare e
quali criteri seguire. E generalmente si reagisce a questo mostrando molta
rigidità, severità, regole, paletti, intolleranza etc…Col tempo sto imparando a
rilassarmi un po’ di più nel mio lavoro, a divertirmi, e vedo che per certi
versi gli allievi ne beneficiano, per altri se ne approfittano, quindi oggi la
mia difficoltà è riuscire a ottenere sempre il massimo dai miei ragazzi, ma
senza necessariamente fare terrorismo psicologico come facevo prima! In realtà
per me ogni allievo è un’occasione che io do a me stesso per rimettere tutto in
gioco. Sembra banale dirlo ma nessuno somiglia a nessuno. Con ogni allievo
ricominci sempre tutto da zero. Riassapori quel silenzio interiore in cui fa
capolino il timore di non riuscire a capirlo, a stimolarlo, ad accompagnarlo. E
io ho un bisogno vitale di questo tornare sempre al punto di partenza. Per fare
teatro. Ma per la vita in generale! Su che rapporto hanno poi gli studenti con
me, beh, chiedi a loro…ma non farmi leggere le risposte, ah ah ah! Su quanto sia importante lo studio per un attore, beh nella
mia prima risposta dico tutto…non ritenendomi un talentuoso, se neanche avessi
studiato, e studiassi ancora, non avrei realizzato nulla di quel poco che ho
realizzato! Ma non è un discorso di disciplina moraleggiante “devi studiare,
devi studiare, devi studiare” (con il dito puntato, lo sguardo severo e
soprattutto con quell’ausiliare “devi…devi..devi”), non siamo più al Liceo! Lo
studio è un’occasione per aderire a se stessi, alle proprie curiosità, anche ai
propri limiti, come si fa a fare teatro senza studiare? Cosa porti in scena se
non ti esplori, se non affronti nuove sfide, se non ti addestri per veicolare
sempre meglio quello che provi e provochi?
Hai da poco pubblicato un libro "Zio Cerasa" edito da
"Gruppo Albatros" e disponibile in free download su Google Books.
Quanto è per te importante la "scrittura" nel mestiere dell'attore?
Ah sì? È disponibile in free download? Non lo sapevo! Porca
paletta! Va bene, tanto non mi sarei mai arricchito, almeno così la cultura di
Zio Cerasa e del “non si butta via niente” forse sarà diffusa più agevolmente
nel mondo! La scrittura fa parte del mio lavoro d’attore. Ogni attore
scrive e se non lo fa, dovrebbe. Scrivendo si imparano tante cose, una su tutte
l’inoppugnabilità. A voce puoi sempre rigirare le frittate, giustificarti… “quella
cosa non l’ho detta”, o “l’ho detta diversa”, o “devi capire il tono” …etc… Quando
scrivi, hai scritto, quella parola è quella parola, non è un’altra. Anche le
parole che sto scrivendo in questa intervista so che non le potrò rigirare a
modo mio. Quello che dico qui resta per sempre. Ecco, l’attore, soprattutto in
Italia, ha bisogno di riprendere contatto con la sfida dell’inoppugnabilità,
imparare a fare ciò che dice, a mostrarsi affidabile, impeccabile, aderire
esattamente e perfettamente alle sue intenzioni, ai suoi sogni, alle sue
parole! La scrittura mi addestra a questo. A non negare l’evidenza, e quindi, a
non lasciarmi altre vie che assecondarla.
Sei il direttore artistico della Compagnia "La Bottega dei
Comici", vuoi raccontarci come nasce e che tipo di progetti porta avanti?
La bellezza della Bottega dei Comici è che essa nasce
spontaneamente dalle ceneri. Da tante ceneri. Che oggi riconosco come
essenziali. Le ceneri della mia vecchia compagnia, la Balagàn; le ceneri del
gruppo che si era formato in seno all’allestimento della Mandragola, durante il
quale questi ragazzi erano stati messi insieme ed addestrati a lavorare
insieme. Tutto questo è finito, ma fatalmente stava già nascendo un organismo
nuovo. “Fondare” una compagnia a questo punto non è stato altro che
“riconoscere” un processo già in atto. Ci siamo uniti per investire e fare
ricerca sulla Commedia dell’Arte e i suoi principi e valori attraverso
spettacoli, corsi, ed eventi. Siamo nati da meno di un anno e abbiamo già nel
carnet due corsi, un festival organizzato con la rete “Come d’Arte” (cercateci
su facebook), un evento organizzato alla Casa dei Teatri a Febbraio per la
Giornata Mondiale della Commedia dell’Arte, due spettacoli in repertorio, due
appena prodotti (I panni sporchi si lavano in piazza, Don Giovanni e le
maschere dell’Amore) e due in produzione (Il Grinch e Arlecchino, burrasca in
arrivo), direi che in 9 mesi non è poco. Quello che ci manca per ora è la
distribuzione, ma ci stiamo attrezzando.
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La compagnia “La Bottega dei Comici”
la
sera prima del debutto di “Don Giovanni e le maschere dell’Amore”.
Da sinistra:
Cristian Mazzotta, Luca Gabos, Valentina Puccini, Micaela Bonito,
Spartito di
Mozart, Alessio Sapienza, Gabriele Guarino
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Quali sono i tuoi progetti futuri? Dacci qualche succosa anticipazione.
No, niente da fare, non anticipo più niente. Ho anticipato
tante cose nella mia vita e ogni volta mi è andata male! Scusate! I sogni nel
cassetto sono farfalle … e ho detto tutto!!!
Quale altro ruolo ti piacerebbe interpretare nella tua carriera
d'attore?
Erode in
Jesus Christ Superstar e Peer Gynt di Ibsen.
Che consiglio puoi dare a giovani attori che si avvicinano ora per la
prima volta al mondo del teatro?
Studio e motivazioni. Se non studi puoi essere motivato
quanto vuoi ma non esprimi nulla. Puoi farlo per un po’, ma dopo il tuo
organismo chiede nuove forme espressive, sempre. E se non studi, non le scopri.
Al contrario, puoi studiare quanto vuoi, ma se ti mancano le motivazioni,
quelle che ti fanno andare avanti come un treno, che ti fanno abbattere ogni
ostacolo che incontri, perché la tua vita è lì e solo lì, allora al primo
ostacolo ti sgonfierai e tornerai a casa, sapendo fare magari due capriole,
sapere la differenza tra vénti e vènti e saper fare cinque minuti di grammelot,
ma che te ne fai? Studio e motivazioni. Sono stufo di vedere attori impreparati
e pigri, tanto quanto sono stufo di vedere attori fragili psico-emotivamente e
molli caratterialmente. Dice un altro grande regista con cui ho avuto la
fortuna di lavorare, e che cito perché se lo merita anche lui, Gianni Leonetti:
“Dovete recità cor cazzo!!”. Ovviamente c’è anche la versione al femminile. È
una grandissima verità. Siamo pervasi da attori “mosci”.
Tra fortuna, talento e carattere: quale pensi sia più importante per il
successo?
Se per successo intendiamo “ricco e famoso” allora lì serve
fortuna. Se per successo intendiamo “apprezzato dalla critica e dal pubblico,
popolare” allora lì serve talento. Se per successo intendiamo “vivere di questo
mestiere, durare nel tempo, offrire sempre prodotti di qualità che rispondono
alle esigenze di pubblico e quindi di mercato” allora lì serve il carattere. E
dopo questa intervista immagino sia chiaro a tutti dove io mi collochi. Grazie
Pablo e un saluto a tutti gli amici del Pensiero Laterale. Mi piace l’idea di
essere “laterali” mi dà l’immagine di un compagno di viaggio che mi sta sempre accanto…complimenti!
Grazie a te Gabriele! Colgo l'occasione per ricordare un'occasione di studio con Gabriele Guarino un corso di Commedia Dell'Arte - che consiglio fortemente, avendolo provato per primo - da Novembre a Giugno - con inserimenti in corso d'opera - presso lo Spazio Studio Ygramul in Zona San Giovanni - Roma. Maggiori informazioni QUI
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Pablo Lopez