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lunedì 8 dicembre 2014

DONNA ROSITA NUBILE: L'ATTESA E LA RESA!


Donna Rosita Nubile o Il Linguaggio dei Fiori è il dramma in tre atti di Federico Garcia Lorca andato in scena il 6 e il 7 Dicembre al Teatro Furio Camillo di Roma (Qui la presentazione) adattato e diretto da Antonio Nobili maniaco seriale Lorchiano. Siamo a Granada, fine ottocento. Lo spettacolo si apre con una Martina Milani qui fresca e pulita proprio come il suo nome "Rosita" che ci ricorda un piccolo bocciolo di rosa. Corre da un parte all'altra della casa degli zii cercando oggetti smarriti, ride e scherza e lo fa con tutta la semplicità di un'orfana cresciuta con l'amore per le piccole cose e per il prossimo. La storia d'amore eterno giurata con il cugino Riccardo Merlini (da noi recensito come regista di Uccelli del Paradiso) che riesce a interpretare il personaggio con la passione e l'ardore che un testo del genere richiede, sembra finire presto. Infatti il cugino di Rosita deve presto ripartire per Tucuman in America per aiutare l'anziano padre ad amministrare le proprietà di famiglia ma, prima di farlo, promette a Rosita di tornare a sposarla e lei di attenderlo per sempre. La scena appare calda e allo stesso tempo struggente, rappresenta il crollo delle certezze, la personificazione dell'attesa che dura per venticinque lunghi anni. Anni che Rosita trascorre chiusa nella fede, senza mai uscir di casa, rifiutando i continui rampolli che la vorrebbero moglie, vedendo le amiche sposarsi e tutta la vita passargli davanti agli occhi: "Hanno già fatto in piazza una casa nuova", grida. L'interpretazione della Milani in questa pièce è Magistrale. Degna di nota è la passione per la "botanica" dello Zio di Rosita (Alberto Albertino) che nella sua serra coltiva varie specie di Rose ma, quella alla quale è più affezionato è la "mutevole" che "al mattino è vermiglia, alla sera bianca e la notte si sfoglia", è perfetta, dura un giorno, come Rosita. La sua passione è così maniacale che taglia una rosa come presente solo alla notizia della richiesta di "matrimonio per procura" da parte del cugino alla nipote. Il festeggiamento è uno dei momenti più esilaranti del dramma. La presenza delle tre "manole" (Lorenza Sacchetto, Sara Signoretti qui, Lily Lauria) assolutamente pertinenti, talentuose e agili nella danza, e delle tre "zitelle" (Mary Ferrara, Andrea Guerini, Rossella Morese) del tutto piccate e trash da vincere sulla Ripa di Meana stessa, rende tutto molto più leggero e ironico e, suscita tra i presenti grasse risate soprattutto grazie alla coppia Guerini-Ferrara che a tratti ricorda il duo comico inglese "Stanlio e Ollio". La madre delle Zitelle poi Cristina Frioni lascia il pubblico sbalordito per la naturalezza con la quale "gioca" a far la "ciucca tradita". L'attrice è di una credibilità notevole tanto che si sente dalla platea "Lei è brava eh" od "ahah forte". Il personaggio di Don Martino interpretato da Marco Fioravante è studiato bene ed è "puro genio incompreso" tanto che il pubblico almeno nell'ultima replica, non reagisce: è la risata che "non parte" ma che "fa ridere". Divertente e forse anche "troppo" il piccolo cameo di Alessio Chiodini che lascia il segno con poche battute. La scenografia è minimal, semplice, è il fiore, è la serra, è per pochi. L'idea registica è assolutamente in linea con la resa e la magia emotiva che il Nobili riesce ad attivare negli occhi di chi guarda. E allora quando muore lo Zio di Rosita, con lui se ne vanno anche i mobili ipotecati dallo stesso perchè "troppo buono" - come la moglie stessa definisce - e con loro rimane un senso di vuoto, di povertà. Ciò che resta per la nostra "Rosita" è solo la verità dei ricordi perchè ormai vecchia, non può che cullarsi di essi.


Pablo Cortez

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sabato 6 dicembre 2014

LA CALZOLAIA PRODIGIOSA: MANIFESTO DELLA LIBERTA'!

Che cosa succede in un piccolo paese se una donna giovane e bella sposa un uomo più grande di lei e la loro vita privata diventa di dominio pubblico?
Ce lo racconta il grande poeta e drammaturgo spagnolo Federico García Lorca nella commedia popolare " La calzolaia prodigiosa" scritta nel 1930. Nonostante sono passati tanti anni, questa "violenta farsa" riesce a catturare l’attenzione dello spettatore moderno perché propone il tema attuale che riguarda le problematiche nei rapporti tra un uomo cinquantenne e una donna diciottenne continuamente messo in discussione dai pettegolezzi e chiacchiere dei loro vicini. 





In primis bisogna dire che l’adattamento dell’opera curato e diretto da Antonio Nobili ha riscosso un notevole successo al Teatro Furio Camillo di Roma grazie alla strepitosa interpretazione di ciascun attore, facendo riferimento ai personaggi ben delineati secondo precise caratteristiche fisiche e ai costumi scelti adeguatamente. Il racconto inizia con un prologo nel quale l' attore Riccardo Merlini incarna perfettamente lo spirito dello scrittore spagnolo che si è ritagliato uno spazio interpretativo nella sua opera. L’ autore esprime il desiderio di connettersi con il pubblico chiedendogli di essere "generoso con la recitazione degli attori e l’ingegnosità del lavoro". Un modo efficace per far sentire il pubblico partecipe delle vicende che si svolgono sulla scena. Anche l’attrice Sara Signoretti è riuscita immergersi nei panni della calzolaia, vestita di stracci, mostrando diverse sfaccettature del suo personaggio quali fragilità e sensibilità mescolati con l’animo violento e aggressivo. Infatti il vecchio calzolaio benestante, interpretato da uno straordinario Antonio Nobili (di cui premiamo un ottimo lavoro sulla postura del personaggio) non riesce a trovare l’armonia amorosa a causa del carattere vivace, energico, scontroso e combattivo della sua moglie. Ed è proprio il suo l’atteggiamento estroverso e provocatorio verso le malelingue presenti ovunque che dà lo scandalo. Si dice che l’amore è una cosa semplice ma con due caratteri completamente diversi l’amore si è trasformato in un continuo litigio. Così la gelosia ed i pettegolezzi spingono il calzolaio ad andarsene via di casa. La calzolaia inizia a gestire una taverna e rifiuta tutti gli uomini che la corteggiano. Seguono le scene emotive nelle quali protagonista dispone di un’ ottima concentrazione commuovendosi e riuscendo commuovere anche il pubblico presente ricordando il suo marito di cui è ancora innamorata. La ciliegina sulla torta è sicuramente la scena finale nella quale il vecchietto ritorna, travestito da burattinaio e mette in scena uno spettacolo che racconta la storia dei loro due. Qui Antonio Nobili emerge per le sue eccezionali doti comiche, adottando un accento straniero. Da qui in poi si sentono le risate continue e un caloroso applauso duraturo che premia tutto il cast: Antonio Nobili, Sara Signoretti, Alberto Albertino, Matteo Maria dragoni, Lily Lauria, Riccardo Merlini, Andrea Guerini, Marco Fioravante, Alessia Sala, Lorenza Sacchetto, Rossella Morese, Alessia De Martino, Mary Ferrara, Antonella Petrone e Cristina Frioni.
Infine ricordiamo ovviamente un lavoro sul personaggio interessante e innovativo che riguarda "Le signore Malelingue" interpretate da sette attrici, ciascuna con un trucco dark di grande impatto che ricorda ‘’Il cigno nero di Natalie Portman’’. Una scelta decisamente azzeccata. 
"La calzolaia prodigiosa", lo spettacolo accompagnato dalla musica strumentale e canzoni spagnole che bisogna assolutamente vedere e rivedere per poter cogliere tutti i particolari presenti sulla scena.

A cura di Susanna Rose

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giovedì 4 dicembre 2014

DONNA ROSITA NUBILE di F.G. LORCA AL TEATRO FURIO CAMILLO STASERA E DOMANI!

Il Teatro di Federico Garcia Lorca torna con Teatro Senza Tempo Produzione Spettacoli: "Prosegue il lavoro di Nobili sui testi di Garcia Lorca, accolti con successo la scorsa stagione e rinnovati nel Patrocinio dalla Fondazione Garcia Lorca e Ambasciata di Spagna in Italia. Composto nel 1935 da Federico García Lorca una anno prima della sua morte, la prima avvenne il 13 dicembre 1935 nel Teatro Principal Palace di Barcelona. “Per riposarmi, dopo Yerma e Bodas de Sangre, che sono due tragedie, volevo realizzare una commedia semplice e amabile. La cosa non m’è riuscita perché m’è venuto fuori un poema che mi sembra abbia più lacrime delle mie due produzioni precedenti”. Questa dichiarazione di Federico Garcia Lorca è certamente la migliore presentazione dell’opera. Concepita inizialmente come un “poema granadino diviso in vari giardini”, una sorta di commedia borghese dai toni leggeri, intrisa di dolce ironia e di garbate raffinatezze di tempi andati, man mano che la stesura procedeva, la commedia si mutava in dramma intriso di pianto, come egli stesso constatava. L’opera si svolge in tre tempi: il 1885, l’inizio del Novecento, il 1911. Il primo atto ci presenta Rosita come una giovane donna fidanzata al cugino, e proprio come dice il suo nome ha la stessa bellezza fresca priva di complicazioni di un fiore in boccio. Tuttavia, l’allontanamento del fidanzato dal paese per questioni di affari introduce una prima nota di malinconia esacerbata poi dalla fiducia con cui Rosita lo attende per vent'anni, convinta che lui tornerà, come le promette in periodiche lettere. L’elemento innovativo rispetto ai testi precedentemente affrontati è la rappresentazione della società borghese, con il suo pudico contenimento domestico dei sentimenti, con l'importanza delle forme e delle convenzioni sociali, l'accettabilità dell'apparire, la rigidezza delle strutture relazionali. Rosita però non può accettarlo, né scendere a compromessi con il proprio destino. Dopo il debutto con La Casa di Bernarda Alba, Yerma e Nozze di Sangue, Nobili torna ad accarezzare Lorca con immutato trasporto nei confronti del poeta andaluso a cui affianca una nuova consapevolezza, la necessaria maturità artistica per affrontare un testo poco conosciuto ma estremamente interessante per i toni e i temi delicati e soffusi, che si discostano dalle passioni violente in favore di una più sottile malinconia, con cui Nobili ha recentemente avuto occasione di confrontarsi dirigendo un magnifico adattamento di Cechov. Anche in questo caso, fedelmente al panorama degli scritti Lorchiani come alla linea registica di Nobili, le donne e la loro intelligenza emotiva, la loro dignità nell'affrontare la vita e le sue disgrazie, sono un punto fermo dell’opera; le protagoniste femminili hanno ruoli profondi, nobili, caratterizzati da forza, passione, volontà.

Cast: Con Martina Milani (qui) Antonella Petrone, Alberto Albertino,  Margherita Caravello, Riccardo Merlini (qui)Alessio Chiodini (QUI), Alessia Sala, Alessia De Martino, Lorenza Sacchetto, Sara Signoretti, Lily Lauria, Cristina Frioni, Mary Ferrara, Andrea Guerini, Rossella Morese, Marco Fioravante, Matteo Maria Dragoni 

DICEMBRE 2014 – Sabato 6 (Ore 21) e Domenica 7 - Ore 18,30  "DONNA ROSITA NUBILEdi Federico Garcia Lorca   Adattamento e Regia di Antonio Nobili - Teatro FURIO CAMILLO (sito)


Teatro Senza Tempo:  http://www.teatrosenzatempo.com/ - Pagina Facebook
Infoline e Biglietti:  366.4538808 - 06.97616026

LA CALZOLAIA PRODIGIOSA di F.G. LORCA AL TEATRO FURIO CAMILLO!

Il Teatro di Federico Garcia Lorca torna con Teatro Senza Tempo Produzione Spettacoli: prosegue il lavoro di Nobili sui testi di Garcia Lorca, accolti con successo la scorsa stagione e rinnovati nel Patrocinio dalla Fondazione Garcia Lorca e Ambasciata di Spagna in Italia. "
La Calzolaia Ammirevole" è un’opera scritta da Federico Garcia Lorca nel 1930. L’opera viene definita dall’autore stesso come una Farsa Violenta in due Atti, ed include ballate della tradizione Andalusa, che Lorca aveva raccolto direttamente dalle voci del popolo, musicandole e catalogandole nel suo Anda Jaleo. A partire dal titolo emerge una prima apparente contraddizione: l’opera viene classificata sia come una farsa, cioè come un’opera comica e di breve durata, sia come violenta, ma non nel senso comune di brutalità, bensì come caratteristica predominante del carattere della protagonista, nel conflitto accorato di questo personaggio con la realtà che lo circonda. La Calzolaia è infatti una donna molto giovane, che si è recentemente sposata con un vecchio Calzolaio, con il quale litiga continuamente, non perché non sia innamorata di lui, ma per una diversità radicale di atteggiamento nei confronti della società meschina e pettegola che li circonda. Il calzolaio è un uomo stanco che non desidera altro che una serena vecchiaia al riparo dalle malelingue del popolo, mentre la Calzolaia conserva in sé tutta la grinta della sua giovane età per combattere e provocare una realtà dalla quale non vuol farsi soffocare. L’impianto scenico, la regia, i costumi, e soprattutto le luci che gli attori gestiscono autonomamente dalla scena sono stati curati dal regista Antonio Nobili per esaltare in modo simbolico ed originale i conflitti della narrazione, per restituire all’opera il suo ritmo vivace senza per questo snaturare l’elemento sempre presente della drammaticità dei contrasti della protagonista con sé stessa, anzi esaltandone l’universalità, in un dialogo intimo ed affascinante, da poeta a poeta, due anime ugualmente sensibili e curiose nei confronti della complessità del femminile.

Cast: Antonio Nobili, Sara Signoretti, Alberto Albertino, Matteo Maria Dragoni, Lily Lauria, Riccardo Merlini (qui) , Andrea Guerini, Marco Fioravante, Alessia Sala, Lorenza Sacchetto, Rossella Morese, Alessia De Martino, Mary Ferrara, Antonella Petrone, Cristina Frioni 

DICEMBRE 2014 – Giovedì 4 e Venerdì 5 - Ore 21.00
 "LA ZAPATERA PRODIGIOSA"  di Federico Garcia Lorca Adattamento e Regia di Antonio Nobili - Teatro Furio Camillo (sito)

News: La rassegna su Federico Garcia Lorca continua Sabato 6 e Domenica 7 Dicembre sempre al Teatro Furio Camillo con "Donna Rosita Nubile".

Teatro Senza Tempo:  http://www.teatrosenzatempo.com/ - Pagina Facebook
Infoline e Biglietti:  366.4538808 - 06.97616026

venerdì 28 novembre 2014

UN INFERNO DI EMOZIONI CON GLI UCCELLI DEL PARADISO DI MERLINI


Rabbia, paura, gioia, sorpresa, attesa, disgusto, vergogna, ansia, rassegnazione, gelosia, speranza, delusione e nostalgia sono solo alcune delle Emozioni che Riccardo Merlini giovane attore e regista emergente riesce a mettere in scena nel suo spettacolo "Uccelli del Paradiso" andato in scena dal 20 al 23 Novembre al Teatro Abarico di Roma nel quartiere multiculturale di San Lorenzo. (Qui la presentazione) Degno di nota è sicuramente lo straordinario lavoro di interpretazione del personaggio di "G." fatto dalla bravissima Greta Toldo classe '83 che riesce a dar senso ad ogni singolo gesto e parola del testo scritto dal Merlini. La trevigiana diretta in passato da Vanzina, TH Torrini, Capitani, Ferrari, Nobili e altri, sembra essere al limite tra la disperazione e la speranza che ripetutamente nel corso dello spettacolo emergono fuori, alternandosi ora da una compagna di "manicomio" oltre il concetto stesso di "follia" interpretata da Martina Milani, ora da soprusi fatti dagli infermieri del manicomio. A guidare con la Toldo l'idea registica del Merlini è sicuramente Alessio Chiodini noto al grande pubblico per "La Ladra" con Veronica Pivetti, Don Matteo, I Cesaroni, Vacanze di Natale a Cortina con De Sica e ora in onda con "Un Posto al Sole" serie Rai di successo, che con la sua verve interpretativa che lo contraddistingue riesce a definire chiaramente l'incertezza e l'inferno che il suo personaggio (Dirigente del manicomio dove G. è reclusa e di essa amante) vive, dovendo scegliere tra due situazioni di eguale importanza lavoro e amore per "G.". 
L'impostazione scenografica è del tutto innovativa e ha il suo climax con l'approvazione da parte del Parlamento Italiano della nuova riforma della legge sull'assistenza psichiatrica e allora tanti i rotoli di carta igienica lanciati da quinte a proscenio come a rappresentar "la protesta" dei manifestanti. Chiaramente il rapporto dei "tre specchi" come le visioni di G. è un tipico "Deja vu" teatrale che però, in questo caso, viene inserito precisamente e senza invadere ulteriormente la scena già densa di "emozioni pesanti".


Pablo

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sabato 22 novembre 2014

"UCCELLI DEL PARADISO" IN SCENA FINO A DOMENICA 23 AL TEATRO ABARICO DI ROMA!

Va in scena Al Teatro Abarico in Via dei Sabelli n. 116 Roma RM  dal 20 al 23 Novembre "Uccelli del paradiso"  scritto e diretto da Riccardo Merlini con il Patrocinio di Teatro Senza Tempo Accademia (qui) . Nel Cast, tra gli altri, il giovane attore Alessio Chiodini attualmente impegnato nella Soap Opera Rai "Un Posto Al Sole".
Il cast è composto da: Greta Toldo, Alessio Chiodini, Lorenzo Farina, Andrea Lucchetti, Fabio Mascaro, Martina Milani, Lorenza Sacchetto, Enrico Maria Carraro Moda.
Noi de "Il Pensiero Laterale" (Pagina FB) ci saremo e voi?

Uccelli del paradiso è uno spettacolo che tocca temi profondi e delicati, trascinando e coinvolgendo lo spettatore in una storia romantica e dolorosa. L'idea registica e drammaturgia nasce dalla curiosità di porre lo sguardo su  un luogo storicamente esistito, ma osservandolo da un altro punto di vista. La storia, infatti, è ambientata in un manicomio italiano degli anni Settanta e racconta del trauma vissuto dalla paziente "speciale" G.. La donna è colpevole di un duplice omicidio, ma viene condotta in manicomio e non in carcere grazie all'aiuto del proprio amante e Direttore del manicomio stesso. Quest'ultimo, accettando ma non comprendendo l'estremo atto compiuto dalla donna, paga il silenzio e la complicità delle autorità per inserire G. nel padiglione criminale per donne che dirige, assicurandole la massima sicurezza e protezione.
La struttura manicomiale fa da sfondo a queste vicende, assumendo la funzione di cornice storica per un racconto al di fuori della realtà, un racconto portato avanti da personaggi malvagi o al limite tra il bene e il male. Il disegno registico proietta lo spettatore sull'esperienza che la protagonista vive all'interno della stanza in cui è rinchiusa, concentrandosi sulla costruzione di una dimensione surreale resa attraverso i personaggi degli Specchi. Questi tre personaggi-oggetti, interpretati da attori-danzatori, interagiscono solo con la protagonista e rappresentano le sue proiezioni mentali - immaginarie, parti di se stessa che G. vede ma non riconosce, le cui voci la trasportano continuamente al giorno dell'omicidio, costringendola a riviverne il trauma. Lo stato semi cosciente in cui G. si trova, può essere considerato il baricentro che regola la divisione tra sogno e realtà, un baricentro che metaforicamente indica lo stato di confine tra una dimensione fatta di colori, di sfumature, di immaginazione e di libertà, all'interno della quale è possibile sentirsi come "uccelli del paradiso", e una dimensione governata solo da leggi, false ideologie, costrizione e sopportazione. Ogni personaggio è facilmente identificabile fin da quando entra in scena, grazie a ruoli definiti con precisione e a tratti psicologici ben marcati. La crudeltà e disumanità delle scene che avvengono nella stanza della paziente, si alternano alla liricità e alla dolcezza delle scene tra la paziente e il Direttore del manicomio. Lentrata in scena di questo personaggio fa si che cresca l'intensità della storia, già visibile all'inizio. Egli controlla la paziente con molta premura, sospetta dei comportamenti degli Infermieri e il suo arrivo salva ripetutamente la donna dai tentati abusi fisici. LIspettore è un uomo che si arricchisce in modo disonesto, pensa solo in termini di guadagno materiale e, nei dialoghi con il Direttore, non maschera la sua posizione politica riguardo allapprovazione della legge Basaglia. Una legge di cui egli non condivide i principi e gli esiti perché "farà vincere uno sporco antifascista a difesa dei matti" e porterà egli stesso a perdere denaro a causa della chiusura del manicomio". Diversamente accade con i personaggi degli Specchi, presenze surrealiche rappresentano le visioni di G., proiezioni mentali di se stessa, simboleggianti tre sentimenti-impulsi: Amore-Rabbia-VanitàIl tutto viene trasmesso attraverso uninterpretazione che lascia spazio allespressività dei corpi e la musica fa da trait dunion tra i vari momenti dellazione, contribuendo a offrire uno spettacolo trascinante e coinvolgente. 


Pablo Cortez
Il Pensiero Laterale Artistico

giovedì 20 novembre 2014

LA NUOVA PESA E' "LA MOSTRA" DI SIMONA MARCHINI AL SISTINA FINO AL 30 NOVEMBRE!


Quando si dice "fare cose difficili con semplicità" si parla di Simona Marchini. E si perchè l'ex Signora Cordova e figlia del presidente della A.S. Roma si conferma, come sempre, un gran Talento. Un'attrice con mille colori e sfumature vocali e con un gran controllo fisico ed emotivo frutto di anni di studio intenso. Figlia d'arte ambienta il suo spettacolo nella galleria paterna "La Nuova Pesa" di Via del Corso portando avanti il motto: L'arte è tutto ciò che non è ovvio. Uno spettacolo "La Mostra - confessioni semiserie sull'arte" di S. Marchini e Claudio Pallottini, la cui regia è di Gigi Proietti, che alterna aneddoti della vita di Simona, momenti di canto e pillole di satira nei confronti del "Cavaliere", e lo fa percorrendo una galleria "simbolica" tra uno Schifano e un Fontana, tra un Rugantino e l'incontro con Don Lurio. Lo spettacolo infatti si apre con "Sempre Boja è" , brano tratto dalla Commedia Musicale "Rugantino" di Garinei-Giovannini nella quale Simona interpretò nel 1998 "Eusebia" nella terza edizione con Valerio Mastandrea, Sabrina Ferilli e con le musiche dal vivo del grande Maestro Armando Trovajoli. Ospite a sorpresa Maurizio Mattioli nel ruolo di "Mastro Titta" al termine del brano. Il coautore Claudio Pallottini interpreta Angelo, lo strambo custode della Galleria e lo fa con una vena del tutto Proiettiana.



Gli aneddoti sono molti ed esilaranti dal "fan" che scambia la Signora Marchini per la Vanoni ad Ostuni e le chiede un autografo alle vicende di vita di coppia dei precendenti matrimoni corredate dall'eccessivo "familismo" fatto di pranzi, consigli e fatture, alle telefonate dell'agenzia di "Colf" e ovviamente, i suoi personaggi storici. Degno di nota è il contributo che l'attrice fa a Pasquale Rotondi, funzionario - bassino - come lei stessa lo definisce - del Ministero dei Beni Culturali che durante la seconda guerra mondiale nasconde oltre 10mila capolavori dei musei Italiani nei posti più disparati, perfino sotto il letto, per poi restituirli a italia liberata: "Io di un uomo così, sono Orgogliosa. Sono questi gli Italiani di cui andare fieri" aggiunge la Marchini. Le musiche di Andrea Bianchi al pianoforte fanno da sfondo a questa meraviglia di unicità teatrale dalla quale si può "solo" imparare, e si ascolta un notturno di Chopin ammirando la "Primavera" di Botticelli ritratta di in questo muro-proiettore bianco. Tecnologie nell'artigianato teatrale: lo fa con grande stile Susanna Proietti che ne cura oltre alla scenografia anche i costumi dello spettacolo. 


Che dire? Uno spettacolo che Pablo consiglia a tutti voi e a quelli che credono che l'arte sia noiosa ma, non hanno mai visto Simona Marchini in "atto". Datevi la possibilità di ricredervi.

Info e prenotazioni QUI

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Pablo.

lunedì 17 novembre 2014

GIÙ LA MASCHERA! INTERVISTA A GABRIELE GUARINO

33 anni, Tarantino, Commediante, Attore, Regista, Drammaturgo, Scrittore, Docente. Ha studiato ,tra gli altri, con Carlo Boso, Claudio De Maglio, Bruce Myers, Tullio Solenghi, Jean Paul Denizon, Fioretta Mari, Gennadi Bogdanov, Edda Dell'Orso, Pierre Byland, Cathy Marchand, Claudia Contin. Ha lavorato con Giovanni Pampiglione, Andrea Tidona, Carla Cassola, Carlo Del Giudice, Mauro Bronchi, Gianni LeonettiOttiene ,in entrambi i casi , con 110 e lode la laurea triennale in Arti e Scienze dello Spettacolo e la laurea Specialistica in Saperi e Tecniche dello Spettacolo presso l'Università "La Sapienza" di Roma. Si diploma al Centro Teatro Ateneo diretto da Ferruccio Marotti in "Commedia d'improvviso". Con lo spettacolo “Il Finto Marito” di Flaminio Scala, vince premi al Festival di Varsavia nel 2005 e al Roma Teatro Festival del 2007, e va in Tournèe nel 2006 in Sudamerica. Vince il premio come miglior attore al “Proskenion Stage” del 2003 a Taranto e con il corto "Melanzane al cioccolato" vince il Festival di Los Angeles nel 2004. È tra i fondatori della Compagnia Balagàn di Roma con la quale porta allestimenti in Italia e in Europa a Malta, Germania e in Polonia. E' pedagogo e formatore presso scuole e laboratori e ricercatore attraverso pubblicazioni come il Saggio “Il Servo Serve” nel libro “Il Tallone di Minerva”, curato da Simone Moglioni ed edito da Edizioni Romane Universitarie, Roma, 2008. Diffonde in Italia la maschera sconosciuta di PEDROLINO dandone il primo contributo nella storia della letteratura teatrale con lo spettacolo “Le fatiche di Pedrolino”, e la sua tesi di laurea specialistica “Pedrolino, i misteri di una maschera”. Lavora nel cinema con Simona Izzo e Luca Zingaretti. Chi è?
Gabriele Guarino. E noi, abbiamo avuto l'onore di intervistarlo.





Così giovane ma, così talentuoso e con un Curriculum di tutto rispetto. A chi/cosa devi l'inizio della tua carriera, della tua curiosità rispetto alla natura umana?


Eh, vacci piano coi complimenti! Non mi sono mai ritenuto un talentuoso, avrei sfondato molti anni fa, o sarei stato notato, perché credo ancora che in questo Paese, nonostante i clientelismi, i nepotismi, la cialtroneria, le approssimazioni e le raccomandazioni, il vero talento, se brilla non passa inosservato. No, mi ritengo invece, e con orgoglio, un instancabile e determinatissimo lavoratore del teatro, continuamente assetato di apprendere e curioso di vedere come funziona…tutto! La mia carriera è iniziata per questa voglia di darmi e dare che non mi ha mai abbandonato, l’eccitazione di poter offrire affidabilità, che su di me si potesse sempre contare. Poi certamente c’è sempre stata quell’indescrivibile ebbrezza di far finta di essere qualcuno o qualcos’altro, che mi ha contraddistinto sin dai miei primi travestimenti da Batman e da Superman, quando da piccolo chiedevo continuamente alla mia adorata nonnina di cucirmi i costumi mentre io, già allora, mi dedicavo alle maschere. Avevo 5 anni. Alle elementari la maestra si lamentava con i miei a causa del mio chiedere sempre “perché?” e nella sua buonafede e lungimiranza pedagogica diceva loro: “troppe risposte date a ‘sto bambino!” Aveva ragione. Le risposte non mi hanno mai interessato quanto le domande.

Qualche giorno fa eri in scena all'Auditorium Tarentum con il "Don Giovanni", com'è andata? Raccontaci un aneddoto di quell'esperienza.
È stata un’esperienza sorprendente. E non perché sottovalutassi il mio lavoro o quello dei miei ragazzi della nostra compagnia (La Bottega dei Comici), ma perché dopo anni di gavetta sei amaramente rassegnato alla stagnazione in quel limbo di credibilità, talvolta ingiustificata, in cui vagano migliaia di compagnie autoprodotte, che, pur se protagoniste di lavori eccellenti, non possono ambire a confezionare prodotti di un certo livello, per ovvi limiti di investimento. La soddisfazione più grande è stata proprio leggere lo stupore negli occhi del pubblico, sentire la gente che diceva “non ho mai visto niente del genere, non me l’aspettavo!” E per chi come me ritiene di non aver fatto niente di speciale, me la dice lunga su quello che il pubblico è abituato a vedere oggi a teatro. Un’altra grande soddisfazione è stata quando qualcuno ha iniziato a confessarmi di essersi identificato non tanto in quel personaggio in particolare, ma in quella dinamica, relazione, riflessione sull’amore che portavamo in scena con questo spettacolo! La bellezza di notare come alcune chiavi per decodificare lo spettacolo siano state trovate, altre no, altre siano state addirittura inventate dal pubblico, come dare un significato al fatto che fossimo tutti giovani a parlare d’amore, mettendolo in scena con un ampio utilizzo del corpo! Non ci avevo pensato! Vedi? Una regìa non finisce il giorno della generale, continua col pubblico!
Aneddoti ce ne possono essere centinaia, un episodio curioso è stato quando durante una delle repliche, all’inizio del secondo atto, io (Don Giovanni) venivo picchiato dai due boia in mezzo al pubblico. Una spettatrice delle prime file, non avendo capito che lo spettacolo era iniziato, mi vede all’improvviso, scaraventato per terra nel corridoio vicino alla sua poltrona (arrivavo alle sue spalle, entrando dall’ingresso principale della platea in fondo) e pensa che io sia caduto: prova ad aiutarmi a rialzarmi, ma arriva subito Cristian (uno dei due boia) che mi sferra una frustata sulla schiena, e di colpo, spaventata, ritorna a sedere sulla sua poltrona zitta, buona e impietrita!

Una scena di “Don Giovanni e le maschere dell’Amore” 
Auditorium Tarentum di Taranto 7 Novembre 2014

Hai studiato tra gli altri con Carlo Boso, Tullio Solenghi, Jean Paul Denizon, Claudio De Maglio, Bruce Myers, Fioretta Mari, Gennadi Bogdanov, Cathy Marchand.. chi di loro ti ha insegnato trasmesso qualcosa di veramente "unico" e molto "utile" per il lavoro che fai?
 Direi tutti, ovvio! Carlo è stato il primo a mostrarmi senza reticenze il grande lavoro che si nasconde dietro alla Commedia dell’Arte; Tullio mi insegnò i tempi comici e in generale quanto fosse importante divertirsi in questo mestiere; Jean-Paul è un mostro di pedagogia, senza di lui sarei rimasto imbottigliato nel meccanicismo dello stile delle maschere, invece lui mi ha salvato, “svegliandomi” alla recitazione naturalistica, o meglio, naturale; una sua frase me la porto sempre come motto personale: “per un attore la prima soluzione trovata quasi mai è quella giusta! (detta con accento francese)”; Gennadi mi ha incoraggiato sulla serietà dell’addestramento e portato fino ai limiti più estremi della mia resistenza fisica; Cathy, la dolce dea della follia degli istinti, mi ha fatto scoprire le forze oscure delle mie viscere e mi ha insegnato ad accoglierle e non temerle, fondamentale per me prima di incontrare le maschere della Commedia dell’Arte; due nomi però su tutti meritano uno spazio a parte: il primo non l’hai citato ma è Alfredo Traversa, il mio primo maestro, colui che mi gettò sul palco, o meglio, in mezzo alle pietre e ai tufi delle Cave di Fantiano di Grottaglie (TA), fu quel simposio di rocce e ulivi il mio primo palcoscenico! Alfredo consegnò alla mia mente allora ancora giovane e acerba un’idea per me rivoluzionaria, e cioè che il teatro di per sé non esiste, esistono solo uomini e donne che stanno insieme. Allora non capivo, oggi sì. La seconda citazione riguarda il mio amico e maestro Claudio De Maglio, direttore dell’Accademia Nico Pepe di Udine. Fu lui che mi accompagnò nella sintesi finale dell’addestramento in Commedia dell’Arte, ma fu molto più che il mio Maestro di teatro per me: è un amico, un esempio da seguire. Claudio mi ha rivelato non tanto le strade che si nascondono dietro il teatro e il lavoro con la maschera, ma più che altro mi ha insegnato come star attento a individuarne sempre di nuove, perché il teatro non si fermi mai a quello che è, o appare, ma contenga al suo interno una bestia mai doma, mai paga, un “dietro le quinte” mai finito o inscatolato, ma sempre con il cartello “lavori in corso”, come un appartamento in perenne espansione…costruisci un muro, poi trovi un passaggio segreto, allora modifica se puoi, sennò abbatti, esplora e forse ricostruisci, e così via, all’infinito! E queste non sono cose che “si pagano”, puoi solo ringraziare e bere più che puoi a queste fonti!

Si tende a pensare alla Commedia dell'Arte come qualcosa di assolutamente "grottesco" che con l'impostazione vocale e i movimenti decisi ed esagerati dei personaggi sfocia nel "non naturale". Sei d'accordo?
 Eh sì! Bello, no? Bella la sfida di far sembrare verosimile e assolutamente credibile qualcosa di incontestabilmente finto, esagerato, artefatto, no? Il Teatro non nasce per ripetere la vita, ma per indagare la vita, e talvolta, come una lente di ingrandimento o uno specchio deformante è più facile vedere qualcosa nei dettagli se la esageri. È questo credo il vero segreto della Commedia, fare verità esagerando i dettagli, le reazioni, gli istinti! Tant’è vero che all’estero la capiscono benissimo, attraverso queste finte esagerazioni del corpo. In Italia, uff, si lamentano… “ma non ho capito tutte le parole! Pedrolino perdona loro perché non sanno quello che hanno!....la Creatività!

Sei stato il primo a far conoscere ed approfondire in Italia la maschera di "Pedrolino" e il primo a darne un contributo nella letteratura della Commedia Dell'Arte con la Tesi di Laurea Specialistica "Pedrolino - I misteri di una maschera" e con lo spettacolo scritto con e diretto da Claudio De Maglio “Le fatiche di Pedrolino”. Cosa ti lega a questa maschera e perchè la scelta è ricaduta su essa potendo scegliere tra Arlecchino, Pantalone, Il Capitano e molte altre?
È una domanda che mi viene fatta spesso e io rispondo come sempre: Pedrolino è capitato per caso, si doveva mostrare una scena dello spettacolo a dei maestri ma l’attore che faceva Pedrolino era assente e quindi io, conoscendo a memoria anche le parti degli altri, per mostrar loro la scena, mi improvvisai Pedrolino e quella mattina lo feci al suo posto. Da lì è iniziato un lungo viaggio di esplorazione e conoscenza, sotto lo sguardo attento di Claudio, culminato con il passaggio rituale della maschera fino a quando decisi di dedicare a Pedrolino non solo la tesi, ma anche lo spettacolo “Le fatiche di Pedrolino-precario a tempo determinato”, un monologo in cui abbiamo attraversato tutte le possibilità allora conosciute della maschera, archetipo dell’instancabile lavoratore eternamente precario! E con queste ultime quattro parole ho risposto anche alla domanda: cosa mi lega a Pedrolino.

Una scena di “Le fatiche di Pedrolino – precario a Tempo determinato”
 Teatro Turoldo di Taranto Ottobre 2011
Oltre ad Attore specialista in Commedia Dell'Arte sei anche "Docente" in diverse strutture. Qual è il tuo rapporto con gli studenti? Quanto credi che lo studio sia importante per un attore?
 Attualmente lavoro alla Scharoff e ad Artès, la scuola di Enrico Brignano a Pomezia, oltre che all’Istituto Musicale “Paisiello” di Taranto. Ci tengo a dirlo, se lo meritano, perché sono strutture gestite da persone serie e rispettose del mio lavoro. Venendo alla mia esperienza di docente, proprio negli ultimi due anni sto osservando come stia cambiando il mio modo di vivere l’insegnamento. Quando iniziai ero pervaso dall’ansia di dimostrare di essere all’altezza, ma anche dalla legittima insicurezza di quali strumenti passare e quali criteri seguire. E generalmente si reagisce a questo mostrando molta rigidità, severità, regole, paletti, intolleranza etc…Col tempo sto imparando a rilassarmi un po’ di più nel mio lavoro, a divertirmi, e vedo che per certi versi gli allievi ne beneficiano, per altri se ne approfittano, quindi oggi la mia difficoltà è riuscire a ottenere sempre il massimo dai miei ragazzi, ma senza necessariamente fare terrorismo psicologico come facevo prima! In realtà per me ogni allievo è un’occasione che io do a me stesso per rimettere tutto in gioco. Sembra banale dirlo ma nessuno somiglia a nessuno. Con ogni allievo ricominci sempre tutto da zero. Riassapori quel silenzio interiore in cui fa capolino il timore di non riuscire a capirlo, a stimolarlo, ad accompagnarlo. E io ho un bisogno vitale di questo tornare sempre al punto di partenza. Per fare teatro. Ma per la vita in generale! Su che rapporto hanno poi gli studenti con me, beh, chiedi a loro…ma non farmi leggere le risposte, ah ah ah! Su quanto sia importante lo studio per un attore, beh nella mia prima risposta dico tutto…non ritenendomi un talentuoso, se neanche avessi studiato, e studiassi ancora, non avrei realizzato nulla di quel poco che ho realizzato! Ma non è un discorso di disciplina moraleggiante “devi studiare, devi studiare, devi studiare” (con il dito puntato, lo sguardo severo e soprattutto con quell’ausiliare “devi…devi..devi”), non siamo più al Liceo! Lo studio è un’occasione per aderire a se stessi, alle proprie curiosità, anche ai propri limiti, come si fa a fare teatro senza studiare? Cosa porti in scena se non ti esplori, se non affronti nuove sfide, se non ti addestri per veicolare sempre meglio quello che provi e provochi?

Hai da poco pubblicato un libro "Zio Cerasa" edito da "Gruppo Albatros" e disponibile in free download su Google Books. Quanto è per te importante la "scrittura" nel mestiere dell'attore?
 Ah sì? È disponibile in free download? Non lo sapevo! Porca paletta! Va bene, tanto non mi sarei mai arricchito, almeno così la cultura di Zio Cerasa e del “non si butta via niente” forse sarà diffusa più agevolmente nel mondo! La scrittura fa parte del mio lavoro d’attore. Ogni attore scrive e se non lo fa, dovrebbe. Scrivendo si imparano tante cose, una su tutte l’inoppugnabilità. A voce puoi sempre rigirare le frittate, giustificarti… “quella cosa non l’ho detta”, o “l’ho detta diversa”, o “devi capire il tono” …etc… Quando scrivi, hai scritto, quella parola è quella parola, non è un’altra. Anche le parole che sto scrivendo in questa intervista so che non le potrò rigirare a modo mio. Quello che dico qui resta per sempre. Ecco, l’attore, soprattutto in Italia, ha bisogno di riprendere contatto con la sfida dell’inoppugnabilità, imparare a fare ciò che dice, a mostrarsi affidabile, impeccabile, aderire esattamente e perfettamente alle sue intenzioni, ai suoi sogni, alle sue parole! La scrittura mi addestra a questo. A non negare l’evidenza, e quindi, a non lasciarmi altre vie che assecondarla.

Sei il direttore artistico della Compagnia "La Bottega dei Comici", vuoi raccontarci come nasce e che tipo di progetti porta avanti?
 La bellezza della Bottega dei Comici è che essa nasce spontaneamente dalle ceneri. Da tante ceneri. Che oggi riconosco come essenziali. Le ceneri della mia vecchia compagnia, la Balagàn; le ceneri del gruppo che si era formato in seno all’allestimento della Mandragola, durante il quale questi ragazzi erano stati messi insieme ed addestrati a lavorare insieme. Tutto questo è finito, ma fatalmente stava già nascendo un organismo nuovo. “Fondare” una compagnia a questo punto non è stato altro che “riconoscere” un processo già in atto. Ci siamo uniti per investire e fare ricerca sulla Commedia dell’Arte e i suoi principi e valori attraverso spettacoli, corsi, ed eventi. Siamo nati da meno di un anno e abbiamo già nel carnet due corsi, un festival organizzato con la rete “Come d’Arte” (cercateci su facebook), un evento organizzato alla Casa dei Teatri a Febbraio per la Giornata Mondiale della Commedia dell’Arte, due spettacoli in repertorio, due appena prodotti (I panni sporchi si lavano in piazza, Don Giovanni e le maschere dell’Amore) e due in produzione (Il Grinch e Arlecchino, burrasca in arrivo), direi che in 9 mesi non è poco. Quello che ci manca per ora è la distribuzione, ma ci stiamo attrezzando.

La compagnia “La Bottega dei Comici”
la sera prima del debutto di “Don Giovanni e le maschere dell’Amore”.
Da sinistra: Cristian Mazzotta, Luca Gabos, Valentina Puccini, Micaela Bonito,
Spartito di Mozart, Alessio Sapienza, Gabriele Guarino



Quali sono i tuoi progetti futuri? Dacci qualche succosa anticipazione.
No, niente da fare, non anticipo più niente. Ho anticipato tante cose nella mia vita e ogni volta mi è andata male! Scusate! I sogni nel cassetto sono farfalle … e ho detto tutto!!!

Quale altro ruolo ti piacerebbe interpretare nella tua carriera d'attore?
Erode in Jesus Christ Superstar e Peer Gynt di Ibsen.

Che consiglio puoi dare a giovani attori che si avvicinano ora per la prima volta al mondo del teatro?
Studio e motivazioni. Se non studi puoi essere motivato quanto vuoi ma non esprimi nulla. Puoi farlo per un po’, ma dopo il tuo organismo chiede nuove forme espressive, sempre. E se non studi, non le scopri. Al contrario, puoi studiare quanto vuoi, ma se ti mancano le motivazioni, quelle che ti fanno andare avanti come un treno, che ti fanno abbattere ogni ostacolo che incontri, perché la tua vita è lì e solo lì, allora al primo ostacolo ti sgonfierai e tornerai a casa, sapendo fare magari due capriole, sapere la differenza tra vénti e vènti e saper fare cinque minuti di grammelot, ma che te ne fai? Studio e motivazioni. Sono stufo di vedere attori impreparati e pigri, tanto quanto sono stufo di vedere attori fragili psico-emotivamente e molli caratterialmente. Dice un altro grande regista con cui ho avuto la fortuna di lavorare, e che cito perché se lo merita anche lui, Gianni Leonetti: “Dovete recità cor cazzo!!”. Ovviamente c’è anche la versione al femminile. È una grandissima verità. Siamo pervasi da attori “mosci”.

Tra fortuna, talento e carattere: quale pensi sia più importante per il successo?
Se per successo intendiamo “ricco e famoso” allora lì serve fortuna. Se per successo intendiamo “apprezzato dalla critica e dal pubblico, popolare” allora lì serve talento. Se per successo intendiamo “vivere di questo mestiere, durare nel tempo, offrire sempre prodotti di qualità che rispondono alle esigenze di pubblico e quindi di mercato” allora lì serve il carattere. E dopo questa intervista immagino sia chiaro a tutti dove io mi collochi. Grazie Pablo e un saluto a tutti gli amici del Pensiero Laterale. Mi piace l’idea di essere “laterali” mi dà l’immagine di un compagno di viaggio che mi sta sempre accanto…complimenti!

Grazie a te Gabriele! Colgo l'occasione per ricordare un'occasione di studio con Gabriele Guarino un corso di Commedia Dell'Arte - che consiglio fortemente, avendolo provato per primo - da Novembre a Giugno - con inserimenti in corso d'opera - presso lo Spazio Studio Ygramul in Zona San Giovanni - Roma. Maggiori informazioni QUI 

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Pablo Lopez



sabato 15 novembre 2014

CASTING#9 CERCASI ATTORI E ATTRICI PER WEB SERIES WILLIAM'S BURGER

Quanto vi sentite Hipster? Quanto vi piace la musica Indie? Amate il British Humour?
E' in questi giorni in corso il casting per la ricerca di attori e attrici PROTAGONISTI per la Web Series "WILLIAM'S BURGER" prodotta da Brandon Box (casa di produzione di Milano). La Web Series racconta il tema degli Hipster ed è realizzata per il magazine "Rolling Stone" .La serie 
avrà un'ambientazione vintage e una colonna sonora Indie Rock, sul genere delle serie Tv "Portandia" e "Girls". La produzione ricerca n°4 tra Attori e Attrici. Ecco i dettagli:


In particolare, si ricercano tre uomini e una donna con le seguenti caratteristiche:
  • William: (protagonista) è il proprietario di un Burger Vintage - età scenica 25/30. Personaggio mite e rassicurante.
  • Pietro-Harmony: (co-protagonista) Proprietario di una libreria Indie, personaggio che gioca a fare l'intellettuale, dall'humour British, età scenica 25/30.
  • Jack: (co-protagonista) ha un negozio di dischi, personaggio svitato e sui generis - età scenica 25/30.
  • Nina: dolce e avvenente. Fa la cameriera nel Burger di William . Età scenica intorno ai 25.

Per partecipare al casting inviare foto e curriculum all'indirizzo mail:

GIOVANNI SAVINO E I RAGAZZI DE "IL TAPPETO DI IQBAL"

Il Tappeto di Iqbal è una cooperativa che opera nell'ambito delle minoranze avendo come riferimento ragazzi dai sette ai vent'anni del paese di Barra, quartiere di Napoli, dove i “problemi” legati ad organizzazioni criminali, come la camorra, sono all'ordine del giorno. E' uno dei paesi con più alta dispersione scolastica in Italia, e in questo si inserisce il lavoro di un ex ingegnere, Giovanni Savino, artista “circense” prima che attore, che con le sue tecniche artistiche dona ai ragazzi soggetti a “condizioni drastiche” nuovi orizzonti,nuove speranze e nuovi sogni in cui credere. Lavora giornalmente con ragazzi di famiglie numerose, spesso ex tossicodipendenti o artefici di piccoli reati. I risultati sono tanti e spesso molto importanti, come l'invito della cooperativa al Senato della Repubblica grazie al rapporto di collaborazione con il garante per i diritti dei minori, l'Unicef, e la Comunità Europea. Con lo spettacolo “Lui chi è”, scritto e diretto da Giovanni Savino, i ragazzi del “Tappeto di Iqbal” raccontano le difficili condizioni con le quali sono alle prese tutti i giorni e tra queste rientrano l'autofinanzimento, i problemi relativi al terzo settore, la realtà camorristica e gli sforzi fatti da Giovanni e da essi per cercare di portare avanti il lavoro e avere una vera e propria sede stabile. Ho avuto la possibilità di intervistare Giovanni Savino e scoprire notizie davvero interessanti.




Come nasce e di cosa si occupa il Tappeto di Iqbal?
«Il tappeto di Iqbal principalmente si occupa di minori, definiti a “rischio” quindi principalmente ragazzi che vengono da contesti sociali deviati, con grandi difficoltà socio culturali e familiari, in un'area che è quella di Barra , che è un quartiere di Napoli con il numero di giovani più alto dei quartieri di Napoli ma nello stesso tempo con la più alta percentuale di dispersione scolastica di tutta Napoli. In questa situazione ci muoviamo come cooperativa, come educatori, e intercettiamo qualcosa come dai 40 ai 60 ragazzi, in una fascia di età dai sette anni e vent'anni. La cooperativa Nasce nel 1999. E' stata sempre una cooperativa innovativa e fondamentale e per dieci anni ha gestito il progetto “Chance” progetto conosciuto in tutto il mondo, che vedeva il ruolo degli educatori all'interno delle scuole. Si è sempre avuta una vocazione artistica, soprattutto nella creazione di quella che è la figura dell'artista sociale. Dopo le attività scolastiche, nel pomeriggio, i ragazzi all'interno di questi centri di aggregazione prendevano parte alle attività, la più importante era quella della “trampoleria”. Nel 2010 a seguito della chiusura del progetto “chance” da parte della regione Campania, il “tappeto di Iqbal” fallisce e quindi, essendomi avvicinato già dal 2009 a questo tipo di lavoro, divento il presidente del Tappeto di Iqbal e una delle mie più grandi vocazioni è sempre stata quella del teatro, dell'espressione artistica come metodologia in situazioni educative e decido di utilizzarla , decidendo di rimanere. Così inserisco all'interno del gruppo sociale proprio quei ragazzi che erano stati utenti del progetto, quindi i ragazzi di strada, situazioni di tossicodipendenza, camorra, mafia e delinquenza in genere come rapine etc.., e l'unico modo che mi veniva in mente per poter creare il gruppo che poi potesse condividere un percorso professionale era quello di utilizzare il Teatro. Quindi inizio con i “trampoli” e iniziamo ad unirci ai vari circhi sociali italiani e al teatro sociale di denuncia e con questo nasce “Lui chi è”. Io sono ingegnere anche se non mi piace affatto, c'era bisogno di una persona che curasse il teatrino della scuola di Barra e ho iniziato così, imparando dall'esperienza stessa. Purtroppo nell'ultimo periodo si è creato un certo escamotage nell'utilizzo del Teatro Civile. E' un lavoro che comporta molti rischi il mio, una volta ho perso uno dei miei ragazzi perchè sparato, e mi sono messo a scrivere un testo, reagisco con l'arte alla vita».
Che potere ha oggi la performance come azione di denuncia sociale?
«Io vengo da un percorso di centri sociali, è da quando sono piccolo che manifesto, denuncio e le ho anche prese dalle istituzioni (ride), ma credo che quando si denuncia per “svegliare le coscienze” ogni modalità che non comporta danni a cose e persone è giustificata. E lo dico dopo tanti anni in cui denunciavo diversamente. E' ovvio che alla base c'è la cultura, una storia di un popolo, di un paese, quindi la risposta non può essere universale. Esprimersi attraverso l'arte è il punto. Il teatro di denuncia, se viene da un'urgenza forte, di necessità di dire delle cose - e per me quello è fondamentale, indispensabile - cambia, arriva alle persone, ovviamente fatto con una certa qualità artistica. Per quanto ci riguarda abbiamo molto più supporto dall'italia che da Napoli».



Non hai paura di esporti così tanto rispetto a temi come la camorra?
«Certo e mi piace moltissimo prendere in giro i “camorristi” anche se hanno un bassissimo senso dell'umorismo. Ma non sono loro il problema. Al momento gli unici che ci sostengono sono il garante per i diritti dell'infanzia che ci ha portato anche al Senato della Repubblica, Save The Children, Unicef e la Comunità Europea. Il Sindaco, gli assessori della municipalità di Barra, tutto quello che concerne le istituzioni locali è contro di noi.E' molto tempo che chiedo una struttura per poter fare questo tipo di attività. Ho avuto tante proposte di trasferirmi fuori Napoli, per lavorare in altre comunità ,ma voglio restare qui, per fare denuncia, scrivo e faccio quello che faccio qui, perchè sono qui. Al momento il mio posto è qui».

Ecco una video intervista di Giovanni Savino:




Sito internet "Il Tappeto di Iqbal" QUI

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Grazie a Giovanni per il tempo che ci ha dedicato

Il Pensiero Laterale - Pablo Cortez