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Elvira Frosini è perfomer, autrice e regista. Fondatrice di Kataklisma, che incentra il suo lavoro teatrale e performativo sul corpo, inteso come corpo politico, come prodotto di cultura e convenzioni. Ha preso parte a diversi lavori teatrali, tra i quali Reperto#01 (2006), Si l'ammore No (2009) Ciao Bella (2010) e DIGERSELTZ (2012), e altri in ambito performativo come la performance urbana “Duets in square” (2006) e Istruzioni per la sopravvivenza (2007) o ancora SERIE B – un ciclo di performance intorno alla bandiera italiana (2012). Le sue creazioni sono state rappresentate in diversi teatri e festival in Italia e all'estero tra i quali il METU Contemporary Festival di Ankara (2001), o presso il Teatro Palladium di Roma per la Fondazione RomaEuropa (2010), e Place a l'Art Performance e La Nuit Blanche a Parigi (2012). Ultimamente ha preso parte ad un progetto molto interessante in collaborazione con Daniele Timpano , il Teatro dell'Orologio di Roma e la Fondazione RomaEuropa nel progetto “AldoMorto54”, finalista al premio Ubu 2012 come “migliore novità italiana e ricerca drammaturgica”. Lo spettacolo di e con Daniele Timpano prevede la reclusione per 54 giorni dal 16 marzo all'8 maggio (durata della prigionia di Aldo Moro), in una cella costruita all'interno di una delle sale del Teatro dell'Orologio di Roma dalla quale ogni sera uscirà per la messa in scena. Cinquantaquattro giorni di repliche e di reclusione trasmessa online in streaming sul sito appositamente creato per il progetto che permetterà di seguire l'esperimento direttamente da casa. Ma entriamo nel vivo della performance con le risposte all'intervista di Elvira Frosini.
Che cos'è Kataklisma e di cosa ti occupi all'interno di essa?
«Kataklisma è un'associazione culturale che raccoglie il contributo di varie persone, io sono a capo delle cose che accadono, dei progetti. Kataklisma fa formazione, laboratori, workshop e realizza vari progetti come “il nuovo critico”, incontro tra la critica e il teatro, e poi fa spettacoli teatrali e performance. Quindi artisticamente ha un doppio binario. Uno è quello teatrale, ricerca, scrittura drammaturgica, e l'altro è quello performativo, quindi la performance, che include il lavoro sul corpo che è centrale nei miei spettacoli teatrali come in quelli di Kataklisma. La performance in tantissime declinazioni, nell'ultimo anno per esempio ho realizzato una serie performativa modulare, che si chiama SERIE B, e include come oggetto principale varie e brevi performances sulla bandiera italiana. La parte performativa nasce nel percorso di formazione e la intendo come capacità di pensiero autonomo, di creazione anche se si è diretti da qualcuno. Quindi dietro al mio concetto di “performance” c'è la messa in gioco del corpo per comunicare soltanto lì e in quel momento, quindi qualcosa di quasi irrepetibile, la performance sarà quasi sempre diversa proprio perchè è concepita spesso in uno spazio non convenzionale. Mettiamo il caso di una performance urbana, se tu spettatore passi e mi trovi, magari ti fermi, scegli quanto fermarti, hai delle immagini, delle suggestioni, dopo magari ci si ferma a parlare».
Elvira Frosini in Digerseltz |
Quanto potere ha oggi la performance come forma di denuncia sociale e perchè si usa
proprio la performance?
«Ho la sensazione che sia un potere relativo, nel senso che ce lo potrebbe avere come no, e questo dipende molto dal contesto, cioè in quale contesto tu la attui, la performi, perchè mi sembra che ci sono dei contesti che se intorno a quello che tu costruisci in quel momento c'è tutto un apparato
Digerseltz - Elvira Frosini |
che tu concepisci , anche facendosi aiutare da un esperto di marketing, di web, di social network....se riesci a divulgarla, forse, ha un potere interessante. Mi vengono in mente i Flash Mob e quanta gente smuovono e se gli stessi venissero fatti per problemi di denuncia che risultato avrebbero. Il valore aggiunto di un atto performativo è il fatto che io posso fare una manifestazione in piazza e affermo delle cose, però quelle sono “asserzioni”, la performance invece propone delle contraddizioni, perchè è un atto creativo, l'atto creativo ha in sé uno scarto che è quell' ”in più” che è l'espressione, che la rende poco afferrabile, poco pacifica e poco rassicurante. Quel tipo di contraddizione non la puoi attuare con una petizione, perchè poni la gente – per esempio raccogliendo firme – di fronte ad una scelta.Il corpo per me è un oggetto politico, il mio training comprende Tai Chi, Danza, formazione attoriale, quindi ha una direzione personale, non si rifà ad un metodo conosciuto. L'immagine che abbiamo del nostro corpo è una costruzione politica e la cosa più importante che può succedere è che uno spettatore ti dica “mi riguardava”, e mi è capitato, al di là che tu stia affrontando il problema dei carcerati, dei disabili, delle donne, etc.La Performance secondo me non da risposte ma suscita domande, ti mette nella condizione di scardinare le tue certezze, mettendoti in una posizione un po' scomoda e quindi fa emergere anche delle contraddizioni interne».
Quanto ti senti “Denuncia-ttrice”? Qui la spiegazione del termine
«In realtà non me la sono mai posta questa domanda perchè mi penso come una persona che lavora creativamente e credo che la risposta sia implicita dentro di me, perchè per me fare teatro, fare performance è già una denuncia, è già un atto politico, non riesco a disgiungerlo da ciò che faccio».
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