Translate

sabato 1 novembre 2014

LA COMPAGNIA DEL TEATRO DELL'ARGINE SI RACCONTA

Oggi la Compagnia del Teatro dell'Argine è una delle realtà teatrali più importanti in Italia, sia come “compagnia” formata da veri e propri esperti del settore che come “Casa del Teatro” grazie alla sede ITC Teatro di San Lazzaro di Savena all'interno del quale vengono organizzati numerosi progetti e prodotti numerosi spettacoli, oltre che una serie di iniziative sociali . E forse è proprio l'originalità di questi progetti che ha trovato il mio interesse nel chiedere un'intervista a due dei Direttori Artistici del “Teatro dell'Argine”, Andrea Paolucci e Pietro Floridia, i quali peraltro con tutta umiltà si sono resi disponibili fin da subito. La compagnia nasce nel 1994 con la costituzione di un associazione di una ventina di professionisti che con idee comuni decidono di unirsi e produrre arte e cultura. Fin da subito, oltre a produrre spettacoli, sono particolarmente attenti alla didattica teatrale, alla formazione del pubblico, alla cittadinanza e ai problemi di natura sociale e di “integrazione”. Nel 1998 la compagnia vince il bando di concorso per l'assegnazione dell'ITC Teatro di San Lazzaro, struttura con duecentoventi posti che gli permette di crescere notevolmente in poco tempo. Dal 2000 la direzione artistica è affidata a Paolucci , Floridia e Bonazzi, già fondatori della compagnia. Con loro al timone la compagnia inizia a farsi conoscere a livello nazionale e nascono i primi progetti come “a teatro con 1€” (che consente a tutti i ragazzi della scuole superiori di zona di andare a teatro pagando solo un euro) o il “Festival delle scuole” (la manifestazione di teatro scolastico più grande in Italia che ogni anno conta circa duemila studenti attori). Molto interessanti sono gli spettacoli condotti con rifugiati politici e i richiedenti asilo come “Teatro in viaggio lungo la rotta dei migranti” e “Rifugio Europa” o “Un teatro lungo 1600 chilometri”, che è una sorta di spettacolo itinerante che segue l'atto straordinariamente performativo del congolese John Mpaliza che decide di effettuare questa marcia di milleseicento chilometri appunto, da Reggio Emilia fino ad arrivare alla sede del Parlamento Europeo a Bruxelles, dove testimonierà la situazione di estrema violenza del Congo. Molto interessante è anche il progetto “TeatroBus” che porta il teatro all'interno di un autobus di fronte alle scuole. Andrea Paolucci e Pietro Floridia ci spiegheranno infatti il perchè di queste scelte e i risultati ottenuti.

Parlateci dello spettacolo “Teatro in viaggio lungo la rotta dei migranti” e della marcia di John Mpaliza: come nasce e come si sviluppa l'idea?

Risponde Pietro Floridia: «Io sono uno dei tre direttori artistici del teatro dell'argine e da una decina di anni il mio cammino di ricerca mi vede sia fare teatro nel “SUD” del mondo, Palestina, Libano, Marocco, Senegal, Nicaragua che nel guidare una compagnia di “rifugiati politici”. Una delle pratiche che sto cercando di mettere in piedi consiste nel mettere in relazione l'azione teatrale dein rifugiati politici di questa compagnia che non è composta solo da rifugiati ma da richiedenti asilo, migrati economici, studenti italiani e stranieri, in relazione con i paesi di provenienza, allorquando è possibile, grazie al loro aiuto, cerco di fare teatro nei paesi di provenienza, cercando di innescare una collaborazione, uno scambio a distanza, per esempio ricevendo storie che accadano in quel contesto e mettendole in scena qui oinvitando persone di quel contesto qui da noi in una fase di studio, scoprire nuovi autori e tradurli (...) Dentro questa realtà è nato il progetto di “Teatro in viaggio” avvalendomi soprattutto dei ragazzi marocchini che facevano parte della compagnia e con altri artisti senegalesi che operano in Italia ho tracciato una rete di contatti che mi ha permesso di fare molti laboratori teatrali con le comunità degli attori stessi che erano stati sollecitati, messi in relazione, dagli attori  della compagnia di Bologna».

E per quanto riguarda la marcia?

«Nella compagnia dei rifugiati ci sonoalcune attrici congolesi che hanno dato vita ad un'associazione della diaspora congolese per far conoscere quanto avviene in Congo, ovverossia il massacro della popolazione civile da parte di eserciti più o meno irregolari. Questo tentativo di accaparramento genera massacri e hagenerato milioni di morti di cui nessuno sa niente. Allora mi hanno chiesto un aiuto per vedere se attraverso gli strumenti artistici teatrali la loro causa potesse venire aiutata nella diffusione, nel convolgimento delle persone. In queste riunioni ho conosciuto John e il suo progetto folle di marciare da Reggio Emilia a Bruxelles, e la cosa mi ha colpito su vari livelli, mi ha impressionato e quindi gli ho detto: “se tu dovessi marciare da Agosto, io e artisti che mi seguiranno ti affiancheremo e vorremmo far succedere lungo il tuo percorso degli eventi e spettacoli teatrali che in qualche modo aiuteranno la tua denuncia politica” lui ne è stato ben contento e quindi con il mio teatro ci siamo attivati a generare lungo il percorso le occasioni per incontrare comunicare realtà diverse, dai NO TAV, agli scout, ai membri dei rifiugiati lungo il Comune, a membri dell'ONU per i rifiugiati a Ginevra, ai vari sindaci di città, qualunque tipo di comunità fosse interessata ad ascoltare questo tipo di denuncia, noi abbiamo cercato di intercettarla e di far succedere, oltre al discorso di John, degli eventi di tipo artistico che fossero dei laboratori o componendo delle serate che mescolassero la denuncia di John in relazione a quanto accade, con parole di poeti, performance e testi che abbiamo tradotto all'accorrenza, e questo è successo in tre mesi di viaggio, fino ad arrivare al parlamento Europeo, e poi abbiamo fatto un grande Worskhop e spettacolo nel quale praticamente molti degli artisti che avevano viaggiato con noi in piccoli periodi li abbiamo convogliati a Bruxelles per fare uno spettacolo».

Parliamo invece del TEATROBUS: come nasce e si sviluppa l'idea?

Risponde Andrea Paolucci: «C'è una motivazione molto pragmatica e concreta da cui è nata l'idea. Le scuole iniziavano a sostenere costi troppo alti per portare gli studenti a teatro, per portare fuori una scolaresca ci volevano almeno tre insegnanti con tutti i costi che ciò comportava, poi c'erano i costi di trasporto e del biglietto. Il contrario, andare noi alle scuole comportava una serie di problemi quali strutture non adibite a spettacoli teatrali per acustica e oscurabilità degli spazi e poi si perdeva quella magia del teatro, di andare in un posto diverso che in realtà fa molto. Quindi noi così per scherzo abbiamo visto che un'autobus non costava molto, sopratutto quelli molto usati e allora abbiamo visto una finestra di possibilità, e grazie a diverse situazioni favorevoli nell'azienda alla quale ci siamo rivolti, abbiamo acquistato con duemilacinquecento euro questo autobus per andare direttamente davanti alle scuole.L'idea era quella di costruire una sala viaggiante con tutti gli annessi che prevedono una sala attrezzata, climatizzata, con luci, una fonica attrezzata per uno spazio teatrale e tutto questo con l'intento di parcheggiare davanti alla scuola e mantenere tutti i vantaggi di cui ti parlavo poco fa ed eliminare in qualche modo gli svantaggi. Quindi con 20.000€ totali, lo abbiamo reimmatricolato, costruito internamente a partire dalle sedute e con la collaborazione di tutti. E' una sala teatrale, una ludoteca, uno spazio bimbi, una libreria, può diventare un cinema. Contiente quaranta persone. E poi è stato utilizzato anche per altri progetti teatrali andando in quartieri “diversi” per una serie di realtà e quindi in questo modo ci siamo avvicinati anche a “spettatori” non abituali degli ambienti teatrali».




Secondo voi, che potere ha oggi la performance e perchè si usa la performance e non un'altra modalità per denunciare?

Andrea Paolucci: «Io non so se ha potere diversivo, di aggregazione delle coscenze più delle petizioni per esempio. Per quanto mi riguarda l'asse lo sposto su una posizione “passiva” o “attiva” da parte del consumatore/produttore di cultura. Nel momento in cui tu fai lavorare un gruppo di bambini sul tema del “bullismo” che parla di loro, che parla con loro e finalizzato ad uno spettacolo che li vede costretti a prenderne parte , a informarsi, a mettersi in gioco, a vivere anche in maniera naif e a vivere sulla loro pelle alcuni meccanismi è sicuramente più efficace di una lezione frontale, questo è ovvio, però proprio per questo non bisogna darla per scontato. Nel nostro caso far agire migliaia di persone a “fare” piuttosto che “vedere” ci sembra più efficace e di fare bene il nostro lavoro. Essere protagonisti della performance rende di più che vederla solamente, proprio in quanto a comprensione – e aggiunge Pietro Floridia: ti rispondo con l'esperienza di John, in quel caso il corpo diventa sacro, attraverso le parole di John, che diventavano pesanti, perchè il suo corpo assumeva quaranta o cinquanta chilometri al giorno di cammino e quello che sarebbe stato non ascoltato o indifferente, o comunque una delle tante voci che venivano dal terzo mondo per denunciare qualcosa di ingiusto, improvvisamente assurgeva ad una dimensione sacra, quasi etica, che a me faceva pensare vuoi a certi riti di iniziazione con lo schema del “viaggio dell'eroe” , di uno che va lontano per far ritorno in patria per tornare con un Graal. Ecco, nel caso di John era andare all'oracolo di Delfi e tornare con una soluzione, e in questo caso di “performance” che io ho chiamato “un teatro di milleseicento chilomentri” perchè appunto si ritorna ad un qualcosa di antichissimo, perchè estremo. Questo è un esempio concreto, non ideologico, non teorico, no. E' qualcuno che scardina un ordine e fa qualcosa di estremamente estremo, ma semplice come camminare. Un atto estremo, come un urlo, la grandezza della performance è pari alla quantità di morte che c'è in quel Paese, probabilmente un gesto del genere poteva farlo solamente un congolese».

Ecco il link del sito internet della Compagnia del Teatro dell'Argine CLICCA QUI

Nessun commento:

Posta un commento